Ipertensione, come il caffè cambia l'effetto del farmaco

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Ipertensione, come il caffè cambia l'effetto del farmaco
LA DOSE E LA CURA Il team ha misurato periodicamente la pressione di 13 persone con un'età media di 52 anni e ha dimostrato che astenersi dalla caffeina anche solo per due giorni, fa sì che all'assunzione successiva di caffè, basti una singola tazzina per far aumentare la pressione per diverse ore. Inoltre, ricordano i ricercatori, il caffè riduce l'effetto dei farmaci calcio-antagonisti, prescritti ai pazienti con ipertensione, per rendere più facile il flusso del sangue. "Anche solo una quantità relativamente bassa di caffeina ha notevolmente compromesso l'effetto del farmaco alla dose massima raccomandata. Se si voleva superare l'effetto del caffè, si doveva raddoppiare la dose dell'anti-ipertensivo, con un rischio maggiore di effetti indesiderati", rileva David Bailey, autore della ricerca. Una condizione di questo tipo, dunque, può diventare la causa di una iperprescrizione di antiipertensivi, con conseguenze sul trattamento. Se si ha in agenda un controllo pressorio, quindi, meglio evitare il caffè nelle precedenti 48ore. Misurare la pressione arteriosa è possibile anche a casa propria, ma è fondamentale seguire alcune regole per non ritrovarsi con risultati non fedeli. La società italiana dell'ipertensione arteriosa (Siia) ha redatto le linee guida da seguire. Almeno 5 minuti prima di effettuare la misurazione il paziente deve rilassarsi; sedersi in un posto comodo all'interno di un ambiente tranquillo; nell'ora precedente non deve assumere bevande contenenti caffeina; non fumare da almeno un quarto d'ora prima; scegliere gli orari prima dei pasti (se non si è in una situazione di emergenza) dal momento che alcuni cibi possono contribuire ad alzare o abbassare i valori. E' importante fare la misurazione sempre nella stessa ora e nelle stesse condizioni. Il mattino presto, a digiuno e prima di prendere i farmaci, è il momento migliore per avere dati attendibili. Per maggiore sicurezza, è bene effettuare almeno due misurazioni successive. Un altro recente studio ha messo in relazione la pressione alta con la memoria. Noto fattore di rischio cardiovascolare è ora sul banco degli imputati anche per quanto riguarda il declino cognitivo, come ha ricordato Francesco Romeo, direttore Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma, durante il Congresso europeo di cardiologia (Esc) che si è svolto a Roma. Il campione preso in esame era composto da 48 adulti (tra 65 e 85 anni) divisi in due gruppi: 26 normotesi e 22 con ipertensione controllata da farmaci. LA VALUTAZIONE Ogni partecipante ha accettato di sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica per determinare i livelli di memoria, attenzione, linguaggio e funzioni esecutive, insieme ad un monitoraggio pressorio delle 24ore e ad analisi del sangue (sodio, potassio, calcio, creatinina, glucosio, trigliceridi, funzionalità tiroidea). I risultati hanno rilevato una differenza significativa tra i due gruppi. A favore di chi aveva la pressione corretta. Articolo tratto da "Il Messaggero" (Re.Ma.)

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