Probiotici, claim salutistici bocciati dall'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare)

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Vantare in etichetta le proprietà salutistiche di un alimento (claim) in virtù di uno o più dei suoi componenti non è obbligatorio; se lo si vuole fare, è però necessario attenersi scrupolosamente a quanto prescritto da una serie di Regolamenti europei che, dal 2006, disciplinano come devono essere veicolate in etichetta o in pubblicità le informazioni che riguardano i benefici salutistici e nutrizionali di un prodotto alimentare; Regolamenti elaborati con lo scopo di proteggere la salute dei consumatori e il diritto ad una corretta informazione. In merito ai claim salutistici, cioè alle frasi che descrivono la relazione fra l'alimento e la salute, la procedura prevede che il produttore dimostri con studi appropriati, quanto vuole sostenere; l'Autorità europea per la sicurezza Alimentare (Efsa), valutata la pertinenza delle prove portate, è chiamata a dare un parere vincolante. Dall'entrata in vigore del cosiddetto Regolamento Claim (Reg. 1924/2006) sono stati quindi sottoposti ad approvazione moltissimi claim salutistici relativi a svariate sostanze. Un numero elevato di richieste ha riguardato i benefici attribuiti a diversi batteri probiotici, aggettivo quest'ultimo già definito di per sé un claim, poiché può essere detto probiotico solo un batterio ben caratterizzato tassonomicamente e con capacità di resistenza e colonizzazione dell'intestino ben specifiche. Nessuno dei claim proposti è tuttavia mai stato autorizzato (a differenza dei molti accettati per le vitamine e i minerali): la lista delle indicazioni sulla salute autorizzate all'uso non contiene infatti claim che riguardino i probiotici. Come mai? Tali batteri non apportano benefici? Non esattamente. Per il legislatore, è più una questione di metodo. Molti claim e fra questi quelli relativi ai batteri probiotici, sono stati rigettati principalmente perché gli studi presentati a supporto non erano stati ben disegnati. Il Regolamento prevede infatti che qualsiasi claim sia veritiero e sia basato su dati scientifici, dimostrati con studi su persone sane e in buona salute. Un aspetto critico, quest'ultimo e non solo per i probiotici (solo in seguito alleggerito, consentendo che fossero arruolate anche persone in sovrappeso e obese) che implica la difficoltà di dimostrare un beneficio su un organismo sano. Le contestazioni di Efsa però hanno riguardato anche altri punti: deve infatti essere ben definito sia come è stato ottenuto, sia da cosa è composto il costituente cui si vuole attribuire il claim; nel caso dei probiotici significa che il batterio deve innanzi tutto essere ben caratterizzato, non semplicemente a livello di specie, ma a livello di ceppo; passaggio impegnativo che rende la ricerca costosa. Infine il claim stesso non deve essere troppo vago nell'enunciato vantando, per esempio, una semplice protezione dalle malattie. Tutti elementi che sembra abbiano allontanato le aziende alimentari dalla ricerca soprattutto per quando riguarda i probiotici. Anche per questo di recente è stata proposta una procedura "semplificata", tuttora al vaglio, che potrebbe sostenere un rilancio della ricerca, senza tuttavia rinunciare, sostengono le Autorità, alla sicurezza e alla leale e corretta informazione ai consumatori. Articolo di Francesca De Vecchi - esperta in scienze e tecnologie alimentari - tratto da Farmacista33 (01/09/16)

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